Mutui, aumento dei tassi 2022-2023
Alzando il costo del denaro, la BCE ha fatto la mossa che il mercato si aspettava, e gli investitori sanno che non sarà nemmeno l’ultima: gli aumenti, ha annunciato Christine Lagarde, sono infatti tutt’altro che finiti. Ma come tutto questo influirà sui mutui degli italiani?
La morsa dell’inflazione ha attivato un vortice di tensioni i cui effetti si stanno facendo sentire nelle tasche di tutti.
La Bce ha aumentato il costo del denaro al 2%, con il dichiarato obiettivo di frenare l’aumento dell’inflazione, oggi vicina al 10 per cento, nonostante ci si avvicini sempre più pericolosamente al labile confine della recessione economica.
La stretta del credito adottata dalla Bce, nel tentativo di riportare sotto controllo l’inflazione, è destinata ad avere pesanti ripercussioni su tutti i cittadini e le attività economiche. I principali effetti si vedranno, sulle rate dei prestiti e dei finanziamenti, ma soprattutto su quelle ben più onerose dei mutui, che già hanno imboccato la strada del rialzo.
Ovviamente se una fetta maggiore del reddito familiare deve essere impiegato per le spese di luce, gas o fare la spesa, una fetta minore sarà destinata ai mutui, che potrebbero risultare, alla lunga, insostenibili.
Dal punto di vista degli istituti sta aumentando la selettività nei confronti delle opportunità di impiego del danaro: infatti, tassi più elevati corrispondono a un aumento dei rapporti di incidenza rata sul reddito disponibile, escludendo pertanto dal perimetro di fattibilità operazioni che, con i tassi di solo 12 mesi fa, sarebbero state tranquillamente finanziabili.
Inoltre le banche stanno iniziando a includere nella valutazione della sostenibilità di un debito anche futuri sbalzi di spesa, dovuti non solo a eventuali aumenti delle rate, ma anche delle spese quotidiane di un nucleo familiare, ad esempio il caro energia.
Le banche stanno anche cambiando la strategia commerciale, cioè diventa più oneroso offrire mutui a tasso fisso. Quindi gli istituti stanno focalizzando il panel dei prodotti su soluzioni a tasso variabile, offrendo alla clientela strumenti che consentano di mitigare il rischio di aumento della rata, con strumenti quali i mutui a rata costante e durata variabile, oppure stabilendo un tetto massimo della rata come avviene con i mutui a tasso variabile con cap.
Veniamo da dieci anni di tassi bassissimi che hanno portato a un boom di mutui a tasso fisso, dieci anni in cui anche chi aveva un variabile ha spesso surrogato verso un’offerta a tasso fisso per assicurarsi le ottime condizioni dell’epoca.
Lo scenario oggi è cambiato.
Il tasso di riferimento per i mutui fissi è passato da 0,40 del settembre 2021 per i mutui di 20 anni al 2.79% attuale, per i mutui di 25 anni dallo 0,51% al 2.58%, per i trentennali dallo 0,48% al 2.41%. Nel caso dei mutui variabili, invece, il tasso di riferimento è quello dell’Euribor che il 27 settembre 2021 era pari a -0,55% per un mese e -0,54% per i tre mesi mentre al 27 ottobre 2022 è salito rispettivamente all’1,13% e all’ 1,61%.
Sono percentuali che, viste le attuali prospettive economiche, sono destinate con tutta probabilità ad aumentare. Federconsumatori ritiene indispensabile, in una fase delicata e complessa come quella attuale, prevedere un ampliamento del fondo di solidarietà per i mutui sulla prima casa.
Il terremoto sul mercato dei mutui, secondo gli esperti, potrebbe riaccendere l’interesse per le surroghe, mettendo in competizione le offerte dei vari istituti.
Fonti: idalista.it, Il Sole 24 Ore, federconsumatori